Usato: più di un risparmio, una scelta sostenibile.

Da tempo mi chiedevo come affrontare questo articolo che non parla di suolo, ma di “azioni antropiche consapevoli”. Poi ho ricevuto un’altra recensione e riletto alcune passate che mi hanno dato lo slancio. Quindi, GRAZIE a voi che mi leggete: Parliamo di USATO.

L’usato racconta storie, conserva materiali e forme che hanno attraversato epoche, trasformazioni e affetti. Il mio interesse in questo caso affonda le radici nella mia infanzia, da Utrecht con la Festa della Regina (per i curiosi Vrijmarkt, oggi Festa del Re), passando per i mercatini di Portaportese, fino ai bauli nella soffitta della nonna che custodivano camicie, gonne e maglioni generazionali. E non a caso se penso alla miglior attivista che ho conosciuto è stata proprio mia nonna. Non si tratta di amore per il “vintage”, ma di un rapporto intimo con gli oggetti, del valore del riuso e della continuità materica.

È passato il tempo, e oltretutto sono mamma: vedere vestiti usati per pochi mesi mi dà veramente fastidio. Salvo rarissimi casi, non fanno in tempo a consumarsi. Io ci provo, eppure qualcosa resta sempre come nuovo. Questo surplus vale anche per gli oggetti, a cui non si fa a tempo nemmeno ad affezionarsi. E sarebbe l’unico motivo personale per cui rischiavo costantemente di essere un’accumulatrice di cose, ma è anche il motivo per cui se non ne ho più memoria me ne posso liberare.

Negli anni ho sempre frequentato i negozi dell’usato. Come non ringraziare di aver trovato navicella, seggiolino e passeggino, tutto in combo e nuovissimo, in un angolo di un negozio specializzato generalmente in mobilio? Ma posso dire altrettanto del mio lampadario “industrial”, comprato una decina di anni fa da un robivecchi, assieme al mio tavolo e alla mia bicicletta (una Cottur Originale 1982, rossa <3) o alla credenza in stile Secessione Viennese. E in effetti, quando torno a Trieste, una delle mie tappe obbligatorie è ancora passare in rigatteria.

Non so voi, ma io da bambina e fino all’università ricordavo tutto e lo associavo agli oggetti. Avete presente la scena del film “Ogni cosa è illuminata”, in cui si vede il muro con la collezione? Beh, la mia non era metodica, non era ordinata, ma tenevo tutto.
Ho il pomo del letto della prima gita scolastica, oppure il tappo dello spumante del compleanno del 1998, ho il mio primo orecchino, e ho sicuramente da qualche parte la prima copia delle chiavi di casa che erano finalmente “mie”. Qualcuno me lo ha pur trasmesso. Nella soffitta di mia nonna c’è una scatola con le trecce di mia mamma, quelle di mia nonna e della bisnonna.

Erano oggetti “speciali”, ma oggi è diverso.
Il surplus di beni praticamente nuovi che passano di mano in mano senza il tempo di consumarsi o di caricarsi di ricordi diventa inesorabilmente scarto e dimostra – se ce ne fosse bisogno – che è veramente troppo. 


Ma c’è un lato positivo: l’usato è molto più che uno scarto, è una risorsa.

Il riuso, fenomeno sempre più diffuso, non è solo un modo per risparmiare: è il primo passo di un modello di sostenibilità noto come le “tre R” – Riduci, Riutilizza, Ricicla – pilastro dell’economia circolare. Ridurre il consumo, riutilizzare ciò che esiste già, e riciclare ciò che non ha più vita, sono azioni che impattano concretamente sull’ambiente.

Un po’ per risparmiare, un po’ perché trovo quello che non c’è da nessun’altra parte … e soprattutto per provare a lasciare un mondo migliore.

Numeri alla mano

Secondo il “2025 Resale Report”, elaborato dalla società di analisi GlobalData, c’è un dato significativo: lo shopping di seconda mano a livello globale ha registrato una crescita del 15% nel 2024. Il mercato degli abiti di usati cresce 2,7 volte più velocemente del mercato tradizionale dell’abbigliamento. Questo dipende dalla nascita e dalla crescita di nuovi sistemi di vendita.

La tecnologia, infatti, contribuisce a rendere questa pratica molto più accessibile, con app e piattaforme digitali che semplificano scambi rapidi e sicuri, affiancandosi all’esperienza tradizionale di negozi specializzati e mercatini (molto suggestivi, ma dove il rischio è finire in un mare di ciarpame).

A trainare questo fenomeno sono soprattutto le nuove generazioni. Millennials e Generazione Z si distinguono per un approccio consapevole agli acquisti: secondo le stime, destineranno il 46% del proprio budget per l’abbigliamento a capi di seconda mano nel corso del prossimo anno. Questa scelta non è dettata esclusivamente da motivazioni economiche, ma rispecchia una crescente sensibilità ambientale e il desiderio di contribuire attivamente all’economia circolare, riducendo gli sprechi e favorendo il riutilizzo dei materiali. 

Forza ragazzi, siamo con voi!

Sembrerà una banalità, ma scegliere l’usato evita la produzione, la lavorazione, la distribuzione e lo smaltimento di nuovi beni, con benefici tangibili sulla riduzione di rifiuti e di emissioni di gas serra, contribuendo così a rallentare l’impatto ambientale globale.

Impatti ambientali dell’acquisto dell’usato

In generale, acquistare prodotti di seconda mano comporta un risparmio ambientale significativo rispetto all’acquisto di beni nuovi, con studi che stimano un risparmio medio di circa 28 kg di CO2 per ogni transazione online.
Solo nel 2022, e solo su Subito, grazie alla compravendita online di circa 20 milioni di oggetti, si sono evitate 2,7 milioni di tonnellate di CO2, pari alle emissioni annuali di 374mila italiani, o alla produzione di 30 milioni di divani. Oltre a ciò, si sono risparmiate 153mila tonnellate di plastica e 100mila tonnellate di alluminio, riducendo drasticamente il consumo di risorse naturali e l’inquinamento da produzione industriale.*
Dal 2022 a oggi il mercato del second-hand è esploso.

Le tipologie di oggetti più frequentemente oggetto del mercato dell’usato includono:

  • Abbigliamento e accessori: eccezionale varietà di capi usati, con un impatto ambientale ridotto soprattutto quando il ciclo di vita degli abiti si allunga evitando la moda veloce. Circa il 60% degli italiani ha scelto almeno una volta capi di seconda mano.
  • Prodotti per l’infanzia: come navicelle, seggiolini, passeggini e vestiti, spesso usati per periodi brevissimi e particolarmente preziosi da riutilizzare.
  • Arredamento e complementi d’arredo: mobili, lampadari, tavoli, spesso longevi e rinnovabili con piccoli interventi di restauro o adattamento, come nel caso di pezzi industrial vintage molto apprezzati.
  • Libri e fumetti: di larga diffusione nel mercato del riuso, soprattutto per letture per l’infanzia, con un circolo virtuoso di acquisti e vendite che favorisce la circolazione di sapere e cultura. [ Una divagazione su “LIBRI USATO” che vorrei che vi prendeste del tempo per ascoltare, è la puntata “Alle radici delle rivoluzioni culturali” del 16 Febbraio 2025 di Riprova, la trovate su Youtube, Apple Podcast, Spotify … ma io quest’ultimo non ve lo linko]

Questo mercato è trainato in Italia da oltre 24 milioni di persone, con una crescita sia in valore economico, che in attenzione alla sostenibilità ambientale. Il canale online riveste un ruolo chiave, semplificando scambi rapidi e sicuri.

Questa volta non faccio un focus sul collezionismo solo perché è un mercato “del non necessario” e ci sarebbe da fare un articolo a parte solo su quello. Mi premeva, invece, confrontarmi con voi e “prendere atto” di un trend che sta crescendo, sicuramente per risparmio, sicuramente per maggiore scelta e velocità di acquisto, sicuramente perché abbiamo ancora troppe cose.

Resta il fatto che scegliere di riusare è abbracciare una cultura della cura, della storia e della responsabilità. È riconoscere che ogni oggetto ha una vita oltre la sua prima funzione, anche oltre a noi se ci pensiamo bene, e che tutte le cose possono continuare a vivere, risparmiando risorse e rispettando il pianeta.

Nel mio piccolo sono veramente grata che questo messaggio venga percepito da chi acquista da me, mi impegno a scriverlo persona per persona, mi impegno a creare occasioni e lasciare aperte le porte (ehi, se serve altro, ci sono!), a fare comunità attiva laddove le distanze si scoprono più brevi di quanto appaiono in un momento di profondo sconforto generale e incertezze verso il futuro!

Queste sono piccole azioni antropiche consapevoli.

Se avete voglia di condividere esperienze, altre app, dati … suggerire altre piccole azioni antropiche potete scrivermi e aggiungervi alla communiti di Antropica su Telegram e su WA (non sono sempre sincronizzati i contenuti ma so che tra voi c’è chi preferisce uno e chi l’altro ed entrambi per buoni motivi). Reuse-Pomer! 

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